Lasciandoci Potenza alle spalle e puntando verso Nord, dopo aver superato la Domus Federiciana di Castel Lagopesole, arriviamo nel territorio del Vulture, tra dolci e variopinte colline ricoperte perlopiù da vigneti e da oliveti, per poi giungere in una rigogliosa foresta di faggi, cerri e castagni, dove il verde si alterna al blu di laghetti e corsi d’acqua. È questo il territorio del Vulture-Melfese, dominato dall’imponente presenza del monte Vulture, un vulcano ormai spento da circa 140.000 anni, ma le cui pendici offrono terreno reso fertilissimo dalle colate laviche.
Il suo cratere più grande conserva uno dei tesori più belli della Basilicata: i laghi di Monticchio. Attorno ad essi, una fitta vegetazione rende questi luoghi uno scenario naturalistico affascinante. Sono soprattutto boschi di castagno, che danno frutti molto prelibati come il Marroncino di Melfi, una castagna di grossa pezzatura, di forma tondeggiante e dal colore marrone lucido.
Scrigno di tesori naturalistici e artistici, il territorio del Vulture serba in sé tante altre perle: Venosa “la città di Orazio”, Barile, San Fele e le sue cascate, e i tanti borghi alle pendici del “vulcano ardente e tremendo”, come lo definì Cesare Malpica, profondo come il sapore del vino che si produce qui, l’Aglianico, tra i più apprezzati d’Italia e dalle origini antichissime, tanto che Orazio ne esaltava le qualità e Federico II ne promosse la coltivazione del vitigno.
L’Aglianico del Vulture DOC è il principe dei vitigni della Basilicata, di colore rosso rubino intenso, tendente all’aranciato quando invecchia; non può essere messo in commercio prima di un anno dalla vendemmia ed è preferibile consumarlo a partire dal terzo anno di età, quando diventa vellutato pur conservando la sua dominante minerale, frutto del territorio da cui nascono le sue uve.
Si fregia della DOCG, invece, l’Aglianico del Vulture Superiore, caratterizzato da una grande struttura e potenza oltre che da un’elevata longevità; ideale per gli abbinamenti con carni, selvaggina e i formaggi stagionati.
Questa è anche la terra dell’Olio del Vulture, che ha giustamente meritato la prima DOP in Basilicata nel settore dell’olivicoltura. Ha un colore giallo ambrato con riflessi verdi e sapore tipico delle olive mature, dolce o leggermente amaro e con sentori di piccante ed è prodotto tra i comuni di Atella, Barile, Ginestra, Maschito, Melfi, Rapolla, Rionero in Vulture, Ripacandida e Venosa, in provincia di Potenza. Il merito è di una pianta autoctona, l’Ogliarola, presente negli oliveti in misura importante rispetto alle altre varietà.
L’oro, però, qui è anche il colore del miele. Nel Vulture è Ripacandida la città che ne produce di più, una delle “Città del Miele” che sul territorio nazionale operano in associazione per promuovere e tutelare le oltre 60 tipologie di mieli prodotti in Italia.
A pochi chilometri da Ripacandida, ad Atella, è il latte ad arricchire la varietà di produzioni del Vulture. Attorno al paese gravita una filiera lattiero-casearia importante, forte di un territorio sano e composito, ricco di minerali e sostanze nutritive fondamentali ed acqua pura, ambiente favorevole per la Frisona, razza bovina specializzata nella produzione di latte.
A qualche chilometro da qui, a Filiano, la filiera zootecnica produce un’altra eccellenza certificata: il formaggio Pecorino Dop di Filiano, anche se il suo disciplinare è osservato in altri 29 comuni del Potentino. Tanto il sapore quanto il suo aspetto sono inconfondibili: dolce e delicato quando è più fresco, leggermente piccante appena inizia la sua stagionatura, ha una crosta che varia dal giallo dorato al bruno scuro, caratterizzata dai segni dei tipici canestri in cui viene riposto il formaggio.
E il Vulture è anche fonte di acque minerali. Da millenni, alle pendici del vulcano ormai spento, sgorgano sorgenti che costituiscono un’immensa ricchezza: naturalmente effervescenti, leggermente acidule, portano in sé la memoria, la purezza e il sapore delle proprie origini, uniche come il territorio che le genera.